Piano P
È una delle parole più innocue e allo stesso tempo potenti che esistano: senza. La sua presenza sulle etichette di un alimento è in grado, da sola, di cambiarne le sorti sul mercato. Lo sanno bene tutte quelle aziende che nel 2015 si sono trovate (più o meno) costrette a togliere dai propri dolci o prodotti da forno l’olio di palma, un ingrediente a lungo ignorato e che quasi all'improvviso era diventato il primo di quelli da evitare.
La storia dei cibi “senza” è una delle più affascinanti da raccontare, e le conseguenze del suo impiego sono tra le più sorprendenti quando si tratta di cibo, ma non solo. A iniziare furono i produttori di bibite gassate e di gomme da masticare, che negli Anni 50 del secolo scorso sostituirono lo zucchero con nuovi prodotti più dolci, meno calorici e molto più economici, pensati per i diabetici ma diventati poi di uso comune.
Ne parliamo con Guendalina Graffigna, professore ordinario di Psicologia dei consumi e della salute presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza; Beatrice Mautino, divulgatrice scientifica, autrice di libri e podcast; Jury Chechi, ex campione di ginnastica artistica, che come molti atleti ha dovuto confrontarsi con diete “senza”; e Raoul Romoli Venturi, fondatore della Romoli Venturi & Partners e per 17 anni direttore della comunicazione di Ferrero.
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